È una storia senza fine quella dell’emergenza
rifiuti in Italia, tornata alla ribalta in questi giorni con la deplorevole
condizione in cui verte la città di Palermo, che riporta alla memoria il dramma
vissuto nel 2011 dalla città di Napoli. Città
diversa, problema uguale: cumuli di spazzatura agli angoli delle strade,
cassonetti bruciati come atto di protesta della cittadinanza, incapacità delle
strutture ricettive di far fronte alla mole degli scarti quotidiani. Città del
XXI secolo che devono far fronte a problemi medievali: topi, aria malsana, il
pericolo del diffondersi di malattie infettive; tutto evoca immagini degne di
un girone dantesco.
Tuttavia non sono casi isolati: la stessa capitale,
Roma, ha il suo bel daffare con la chiusura della discarica di Malagrotta ed il
tortuoso iter per trovare un nuovo sito di stoccaggio, che non le ha
risparmiato, anche se in misura minore, i maleodoranti cassonetti stracolmi ed i
cumuli di immondizia putrida agli angoli delle strade. Sembra un problema senza
soluzione: in Italia produciamo più rifiuti di quanti siamo in grado di gestirne.
Nel 2011, la città di Napoli per smaltire l’eccesso di rifiuti, ha dovuto
pagare le città della Germania e dei Paesi Bassi che hanno accettato di riceverli.
Qualche decina di gradi di latitudine più a nord
dell’Italia hanno, paradossalmente, il problema inverso. Troppi pochi rifiuti
per alimentare la virtuosa catena di riciclaggio e riuso degli stessi, e si
vedono costretti ad importarli!!! Siamo nel civilissimo Nord Europa, eldorado
dell’efficienza, frontiera della tecnologia e patria dell’ambientalismo.
Oslo, capitale della Norvegia, 1.400.000 abitanti: in città lo
sfruttamento ottimale dei rifiuti va avanti dal
2010. L’efficiente e meticolosa separazione dei rifiuti organici ha permesso a
Oslo di produrre biogas, che viene utilizzato, quale carburante ecologico, per molti
autobus della città. Non solo, da diversi anni Oslo ha sviluppato un sistema
che permette a circa la metà dei suoi edifici di essere riscaldati grazie
all’energia prodotta dai rifiuti bruciati dagli inceneritori: si tratta per lo
più di rifiuti domestici e industriali, ma anche di rifiuti tossici e nocivi
provenienti da ospedali, nonché dalla droga sequestrata dalla polizia. Nella
limitrofa Svezia, la musica è la medesima. Alcuni dati di interesse (fonte
Eurostat2): solamente l’1% dei rifiuti urbani svedesi finisce nelle
discariche, contro il 38% della media UE (e contro il 51% dell’Italia); il 36%
dei rifiuti viene riciclato, ossia recuperato per ottenere nuovi prodotti, materiali
o sostanze (la media UE è del 25%); il 14 % (contro il 15% della media UE)
viene trasformato in compost, trattato cioè biologicamente e riutilizzato per
esempio come fertilizzante. Il 49% dei rifiuti finisce invece negli inceneritori:
si tratta del dato più alto in Europa, secondo solo alla Danimarca con il 54%,
mentre la media UE è del 22%; questo 49% genera energia sufficiente a soddisfare il 20% del fabbisogno di calore dell’intero paese e
fornisce elettricità a 250.000 abitazioni.
Iniziative
lodevolissime che hanno prodotto un curioso ed imprevisto paradosso: lo sviluppo
di queste tecnologie del riutilizzo dei rifiuti per scopi diversi ha determinato
la singolare situazione in cui la domanda di rifiuti ha superato l’offerta. Ed
è guerra aperta di confine per “rubarsi” i rifiuti!!!
Ad Oslo la produzione
di rifiuti locale non è sufficiente da sola a far fronte alla domanda degli
inceneritori della città, e di conseguenza dei servizi che da essi derivano.
Per non dover ricorrere a combustibili fossili, Oslo importa immondizia dalla
Gran Bretagna, ma anche dall’Irlanda e dalla Svezia. Anche in Svezia il
problema è il medesimo: il programma di trattamento e riciclo dei rifiuti
funziona talmente bene - la capacità degli inceneritori del paese è maggiore
rispetto la quantità di rifiuti trattati (2 milioni di tonnellate all’anno!!!)
- che il paese, per evitare che gli inceneritori diventino antieconomici, è
costretto ad importare rifiuti dagli altri paesi europei: 800.000 tonnellate
l’anno, anche dalla vicina Norvegia, dove i prezzi ancora elevati
dell’incenerimento rendono il processo più redditizio in un altro paese.
Questa corsa al riuso
dei rifiuti sta generando dei corto circuiti comportamentali, che pochi
avrebbero potuto immaginare. Secondo quanto rilevato dal più antico gruppo
ambientalista norvegese Amici della Terra1,
da un punto di vista ambientale è un problema enorme. C’è pressione per
produrre sempre più rifiuti, fintanto che si ha la possibilità di trattarli: in
un’ipotetica gerarchia di obiettivi da raggiungere per il rispetto
dell’ambiente, produrre meno rifiuti dovrebbe essere al primo posto, mentre
generare energia dai rifiuti dovrebbe essere all’ultimo, mentre si sta
assistendo all’esatto opposto: una corsa alla produzione con le ben
note conseguenze, dato che siamo sommersi dai rifiuti derivanti dai processi
produttivi!!!
Lo scenario che si sta
profilando tuttavia è una riprova del valore di mercato sempre più importante
dei rifiuti: valorizzali è una saggia scommessa; in un mondo in cui il
prezzo dell’energia continua a salire, potremmo trovarci di fronte ad una
carenza di carburante, ed i rifiuti rappresentano una valida alternativa. Nel
breve periodo, la valorizzazione dell’energia ricavata dai rifiuti è una buona
soluzione, mentre le conseguenze della sovrapproduzione per generare energia
e/o calore dagli stessi sono demandate ai posteri. Anche questa è emergenza
rifiuti!!
Valentina Russo
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